Cultura

 

 

La vasto porto due, che per tradizione si celebra la seconda domenica di maggio, quest’anno si svolgerà in maniera diversa perché la situazione che stiamo ancora vivendo non ci permette di ritrovarci insieme. Non si sono potute fare le due "processioni a terra", quella della domenica precedente, con la quale la statua della Madonna veniva portata dalla Chiesa di Punta Penna alla Chiesa di San Paolo Apostolo, e quella del sabato prima della Festa, oggi per intenderci, con cui si riaccompagnava la statua nella sua dimora abituale, la Chiesa vicino al Faro. E domani, domenica 10 maggio, giorno della Festa, mancherà la tradizionale e suggestiva "processione per mare" del mattino, un momento molto bello a cui la comunità parrocchiale di San Paolo Apostolo tiene molto, ma che è tanto caro anche alla Città di Vasto ed a tutto il territorio limitrofo. La statua di Santa Maria di Pennaluce, però, è già esposta alla venerazione nella Chiesa San Paolo Apostolo ed è lì che celebreremo la Santa Messa alle ore 11.00, ancora senza la presenza dei fedeli in base alle disposizioni vigenti, ma trasmessa in diretta streaming sul canale Youtube “San Paolo WEB” e sulla pagina Facebook “Parrocchia San Paolo Apostolo - Vasto”. Al termine della Messa reciteremo insieme una supplica per affidarci tutti alla Mamma Celeste.

 

milano gino 290412 rep 02

Questa ricorrenza del 25 aprile apre a nuove consapevolezze.

Anzitutto nella memoria storica, per la portata del suo significato lasciatoci 75 anni fa da una generazione che si è quasi totalmente spenta, ma che disegnò l’idea e costruì la forma del Paese nel quale saremmo nati, vissuti e che attualmente abitiamo, divenuto Repubblica italiana fondata sui principi di democrazia rappresentativa e partecipativa, sui diritti individuali e di comunità: un popolo liberato dall’occupazione straniera e dalla sua ideologia nazista, dall’arroganza e dalla violenza fascista.
Il trascorrere del tempo non può e non deve annacquare la storia, né attenuare la forza trasformatrice delle donne e degli uomini che giunsero anche a donare la vita per opporsi alla perversione del male che aveva connotati ben precisi.
Pacificare la vita di un popolo non vuol dire mescolare le carte in tavola e far finta di niente, come se tutti abbiano diritto all’assoluzione per mancanza di responsabilità. Il fascismo squadrista, narcisistico, razzista e guerrafondaio è esistito ed ha annientato l’Italia, stremandola di vittime, povertà e inquietudini profonde. In quel passato si intrecciano il dolore e la passione sociale di coloro che, al contrario, hanno creduto nella libertà individuale collettiva, nel rispetto delle persone, nei diritti civili e politici, nelle relazioni sociali sgombre da insulti, violenza, rissosità, che arrivarono a causare l’uccisione senza pietà di bambini, donne, anziani (si ricordi Marzabotto) o di inermi cittadini (si pensi all’eccidio di Capistrello): la “tecnica dell’annientamento dell’altro”, del diverso considerato nemico da eliminare.
Conoscere e ricordare è il primo passo affinchè la coscienza collettiva blocchi sul nascere ogni tentativo di ridare dignità al fascismo e alla cultura che lo sottende. La versione storica del fascismo è passata sui libri; la sua pericolosità sociale, politica ed economica è pervasivamente presente e ritorna corroborata dall’ignoranza e dall’indifferenza di gente insoddisfatta, effimera, volgare e aggressiva. Tocca anche a noi – come accadde per le generazioni che aprirono alla liberazione del 25 aprile del ’45 – scegliere “oggi” da che parte stare: se accondiscendere ai mercenari degli attuali populismi o camminare accanto e lottare insieme a coloro che sono innamorati della vita, della pace e della non-violenza; che credono nella “libertà di …” (non “nelle libertà” senza fine e senza fondo, riservate a pochi a discapito di molti). Libertà è una responsabilità verso tutti attraverso le energie generative di una cittadinanza attiva che sappia riaccendere i motori della passione civile.
Questo tempo difficile del 2020 che stiamo vivendo ci pone di fronte a un “25 aprile” senza gli estetismi di cortei rituali, ripetitivi, divenuti quasi inespressivi. Può aiutarci a riapprezzare l’autentica versione dei fatti del passato per ritrovare in noi stessi il senso della “liberazione”, farci riflettere che la liberazione non è mai piena se non è anche dalla morte, descrivendoci l’esigenza di un nuovo e diverso “vivere e morire”. Può dare profondità alla storia attuale in una reale prospettiva di futuro, per tutti.
Gino Milano

25 aprile

"""""""""""""""""""""""""""""